Ha scritto Mario Rigoni Stern "Nel territorio dei Sette Comuni non esistono castelli di nobili, non esistono ville di Signori, ne cattedrali di vescovi, per il semplice fatto che la terra è del popolo e i suoi frutti sono di tutti come ad uso antico".
Ancor oggi la maggior parte del territorio dei comuni dell’Altopiano non è proprietà privata e nemmeno proprietà pubblica demaniale, ma proprietà collettiva, proprietà a "mani riunite" secondo il costume tedesco, proprietà degli abitanti riuniti in "colonnelli" o frazioni di comune (corrispondenti alle "regole" nel Cadore). Secondo il diritto di origine germanica, questa proprietà collettiva deriva dall’occupazione di terre lavorate, bonificate, rese abitabili e utili dagli antichi abitatori e tramandate ai giorni nostri, senza diritto di possesso individuale, ma con diritto di godimento dei frutti (per questo viene anche chiamata proprietà di uso civico). Si tratta di un rapporto giuridico tramandato per consuetudine secolare, non elaborato ampiamente in modo scritto, al di là dei documenti di privilegi e di esenzioni che troviamo nella storia dei Sette Comuni.
Questo diritto di proprietà collettiva è strettamente legato all’autonomia che i Sette Comuni hanno sempre vissuto e rivendicato fino ai nostri giorni. Oggi antichi valori chiedono di essere adeguati alle nuove situazioni, per rispondere ai bisogni concreti della vita attuale in montagna. Le leggi in vigore riconoscono questa proprietà collettiva come inalienabile, indivisibile, vincolata alle attività silvo-pastorali.
Oggi queste leggi domandano di essere adeguate alle attività turistiche, sportive, estrattive, legate all’economia moderna di montagna. Come domandano di essere adeguati ai bisogni attuali, i diritti di legnatico (legna per riscaldamento e per costruzione), di pascolatico (uso delle malghe), di caccia, di raccolta dei funghi e di altri prodotti boschivi. Al di là di tanti problemi giuridici ed economici, la proprietà collettiva ai nostri giorni costituisce un profondo rapporto di unione vitale tra una comunità e il suo territorio e costituisce ancora un forte richiamo di solidarietà sociale, cooperativa, biologica, contro la logica del mercato selvaggio, contro la logica dell’interesse individuale, del consumismo, dell’interesse immediato.