Alla fine del 1400 un grave avvenimento sconvolse l’Altopiano: l’arciduca Sigismondo, conte del Tirolo e fratello dell’imperatore d’Austria, mosse guerra contro la Repubblica di Venezia e decise di scendere in Italia e di passare per il territorio dei Sette Comuni per attaccare Venezia. L’Altopiano fu colto di sorpresa.
Roana, Camporovere e Asiago furono distrutti, le case incendiate, bruciati i documenti e i testi che potevano testimoniare la tradizione linguistica e culturale cimbra. Rotzo riuscì a difendersi in Val Martello, mentre Gallio finì per arrendersi. L’invasione tedesca si fermò sull’Altopiano, perchè l’imperatore d’Austria sospese la guerra che diventava dannosa per i commerci in Germania.
Fu dopo questi avvenimenti che Venezia comprese l’importanza della posizione strategica dei Sette Comuni e organizzò le milizie armate locali. Nel 1508 il territorio dei Sette Comuni fu ancora invaso dall’esercito imperiale guidato dall’imperatore Massimiliano I, ancora in guerra contro Venezia che non gli permetteva di passare per il Veneto nel viaggio verso Roma per essere incoronato dal Papa Giulio II. L’imperatore scese con il suo esercito lungo la Val d’Assa, travolse lo sbarramento difensivo costituito dalle milizie della Reggenza con la sua artiglieria e seminò distruzione e paura nei paesi dell’Altopiano. Era il mese di febbraio e un’improvvisa e pesante nevicata costrinse l’esercito imperiale a ritirarsi verso Lavarone e Caldonazzo e a tornare in Germania. Venezia era impegnata a difendersi nella Valle dell’Adige e in Friuli e non si era accorta delle invasioni tedesche sull’Altopiano, fermate con le sole forze dei Sette Comuni. L’anno dopo Massimiliano riprese il suo attacco contro Venezia, in coalizione con Francia, Spagna e altri stati guidati dal Papa, che voleva demolire il dominio veneziano in terraferma. Ma ancora una volta l’imperatore venne fermato dai Sette Comuni e dalle contrade annesse e fu costretto a ritirarsi.
Alla fine del 1550 la Repubblica di Venezia nominò un provveditore sull’Altopiano che aveva il compito di controllare i confini verso il Trentino e di organizzare le forze militari nella difesa. Il primo provveditore ai confini fu il conte vicentino Francesco Caldogno che esplorò tutta la montagna vicentina e scrisse una relazione molto ampia e dettagliata sulla situazione del suo tempo. L’Altopiano viene raffigurato come un corpo umano seduto verso mezzogiorno "con il capo che è la villa e il borgo di Asiago". Enego viene descritto come favorito da una buona agricoltura e con le case simili alle costruzioni tedesche, con tetti a ripidi spioventi ricoperti di paglia o di scandole. Al centro del paese viene presentato il castello scaligero con quattro torri congiunte da fosse e muraglie costruite nel 1330 in difesa dei Sette Comuni. Gli abitanti (2500) sono più dediti all’agricoltura che al commercio o all’allevamento e sono di natura "molto feroci". Foza è di minori dimensioni sia nel territorio come del numero di abitanti (1200). Il territorio è scosceso e il lavoro agricolo è faticoso.
Molto praticato è l’allevamento delle pecore (15.000) di buona qualità. Lusiana viene definito come il comune "più fertile e posto in bello e dilettevole sito", esposto al sole, fornito di acqua, con 2550 abitanti, con pascoli estesi e abbondanti così da poter allevare 30.000 capi di ovini. Gallio viene rappresentato con 2000 abitanti, in bella posizione, con il carattere di "borgo alemanno" per la forma delle sue case. L’attività economica principale è la pastorizia, con il numero più alto di pecore non solo sull’Altopiano, ma in tutto il vicentino, oltre ad altre attività come un vivace commercio e un’estesa lavorazione delle pelli. Asiago è "il borgo principale di tutti li Sette Comuni", disteso in un’ampia conca coltivata in diverse produzioni agricole, con 3500 abitanti occupati nelle diverse attività, dall’allevamento di 25.000 pecore, al commercio e alla milizia. Ad Asiago viene ricordata la grande fiera di San Matteo frequentata da molti commercianti provenienti anche da lontano e viene ricordata anche la sede della Reggenza, il governo della Federazione dei Sette Comuni.
Roana viene descritta con le sue frazioni e con i suoi 2000 abitanti, impegnati prevalentemente nella lavorazione del bosco abbondante, e meno nell’allevamento e nel commercio. Rotzo viene descritto con le sue frazioni di San Pietro Valdastico e Pedescala, con i suoi 2500 abitanti dediti a diverse attività economiche, come l’agricoltura, favorita dalla posizione geografica o come il commercio, favorito dalla via di comunicazione della Valdastico. La relazione del Caldogno accenna anche alla lingua parlata dagli abitanti dei Sette Comuni che "siccome tutti gli altri delli monti vicentini, per l’ordinario, parlano in tedesco", anche se molti parlano anche l’italiano. E vi si ricorda la tradizione economica con le esenzioni e i privilegi. Sul piano militare viene esaltato il valore delle milizie dei Sette Comuni e la configurazione strategica del territorio dell’Altopiano. Come segno di riconoscenza verso la fedeltà dei Sette Comuni in occasione della guerra di Candia, la Repubblica di Venezia donerà in seguito alla Federazione una bandiera che ancora oggi è conservata nella sala consigliare del municipio di Asiago.