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La prima guerra mondiale è stata molto più di un grande fatto militare che ha mosso e coinvolto eserciti con milioni di uomini e immensi arsenali di armamenti. È stata molto di più di un grande fatto politico che ha visto cadere imperi, regni, governi, modificando confini e rapporti tra stati e nazioni. La prima guerra mondiale ha sconvolto tutto. “Da allora nulla fu come prima” (Antonio Gibelli). Essa ha segnato una svolta in ogni ambito della vita individuale e collettiva. Ha portato a “nuove forme di percezione, a nuove visioni del mondo, a una nuova idea della vita e della morte, del rapporto dell’uomo con la natura, col passato e col futuro”. In Italia la Grande Guerra ha portato all’unità nazionale, alla modernizzazione in tanti settori della vita economica e sociale, ma anche a tanti esiti catastrofici con le follie del nazionalismo, del totalitarismo e della seconda guerra mondiale.

Non basta ricordare la Grande Guerra. È necessario conoscerla, capirla nelle sue cause, nei suoi svolgimenti, nelle sue conseguenze. È necessario superare manifestazioni puramente celebrative, folkloristiche, memorialistiche. Lo ha indicato anche Paolo Pozzato: “Se possono avere un senso le celebrazioni del conflitto che segnò il declino definitivo del ruolo di un continente nella storia mondiale, questo può essere solo una migliore conoscenza degli uomini che lo vissero, delle loro ragioni e dei loro drammi”. Se sono scomparsi i testimoni diretti della Grande Guerra, sono però rimasti e sono stati pubblicati e diffusi innumerevoli studi, documentazioni, anche attraverso linguaggi letterari e artistici, fotografici e cinematografici, con i più vari interessi, che vanno dal campo medico e psichiatrico, al campo sociale e religioso… Sono venute così alla ribalta vicende di profughi, di prigionieri, di internati, di popolazioni occupate, vicende di ammutinamenti, di decimazioni, di fucilazioni, di suicidi, di morti per fame, per sete, per freddo, per epidemie, vicende che in passato sono state trascurate, rimosse o tenute nascoste. Gli articoli dei giornali erano controllati, come erano controllate le lettere dei soldati dal fronte…

Non basta ricordare la Grande Guerra. È necessario conoscerla, capirla nei suoi aspetti profondi, come ha fatto Ermanno Olmi con il suo film “torneranno i prati” e con le sue continue riflessioni in articoli e interviste. Riferendosi a soldati mandati nelle trincee e caduti sul fronte, egli ha dichiarato come essi “andarono al macello senza nemmeno sapere per quale ragione venivano sacrificati in un conflitto nel quale il progresso tecnico mostrava il suo volto più oscuro. Chiamati alle armi, si sono trovati a dover obbedire senza discutere, come servi della gleba…”. E riferendosi ai giovani borghesi più sensibili coinvolti nella esperienza terribile del fronte, Olmi ha notato come essi, trovandosi per la prima volta a convivere con la gente del popolo “arrivarono a chiarirsi le loro idee su una parte della società con cui in genere avevano avuto contatti rari e superficiali. Questo ci dimostra che anche nelle più grandi tragedie si manifesta sempre qualche risvolto positivo, in virtù del quale alla fine esse non risultano inutili”.

Il colpo di cannone partito dal Monte Verena il mattino del 24 maggio 1915 fa ancora sentire il suo lontano rimbombo. Si tratta di ascoltarlo nei ricordi, nei monumenti, nelle numerose pubblicazioni, nelle manifestazioni, nelle mostre, nei convegni, nei concerti, nei riti religiosi, nelle ferite e nelle tracce rimaste incise su tutto il nostro paesaggio che fanno dell’Altopiano un ecomuseo carico di memoria e di tragica verità evocativa. L’Altopiano resta “un luogo fondamentale per capire la terribile violenza del passato e per costruire un futuro di pace” (Stefano Ardito). Forse il centenario della Grande Guerra, come suggerisce Mario Isnenghi, può costituire il coronamento “di una progettualità diffusa che ipotizza una industria della memoria capace di ricadute anche in termini turistici: di un turismo, s’intende, consapevole e acculturato”. Un turismo consapevole per la popolazione locale, non ridotto semplicemente a speculazioni commerciali e affaristiche. Un turismo consapevole per gli ospiti, non attratti solamente da aspetti superficiali e consumistici, senza attenzione per un territorio pieno di straordinari valori naturali, culturali, linguistici e storici. Un turismo certamente fatto di distensione e di divertimento, ma fatto specialmente di convivenza aperta e cordiale. Così che una terra di confine, segnata da un immane conflitto, da un immenso pero di sofferenza e di morte, possa diventare terra di incontro, di dialogo, di integrazione, di amicizia, di vera e reale pace.

È stato scritto che “gli anniversari sono un omaggio che si rende al passato per accantonarlo”. L’anniversario del centenario non può diventare un omaggio di questo tipo, che verrebbe a profanare e a tradire la memoria della Grande Guerra. Questa memoria resta fondamentale “per apprezzare un poco di più la nostra epoca di pace e ritrovare una parte di quella energia, di quella capacità di sacrificio, di quella forza morale che non possono andare perdute con il passare delle generazioni” (Aldo Cazzullo).

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