I Sette Comuni sono sempre stati zona di confine: nel 1400 e nel 1500 hanno subito invasioni e distruzioni dall'esercito imperiale asburgico. Nel 1915 la storia si ripetè in modo più tragico e catastrofico. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l'Italia si era dichiarata neutrale perché il patto della Triplice Alleanza non la impegnava a fianco dell'Austria in una guerra d'aggressione. Nel 1915 l'Italia passò alla Triplice Intesa con la Francia e con l'Inghilterra contro l'Austria, per unire a sè Trento e Trieste.
Sull'Altopiano erano state costruite opere di difesa come i forti Verena, Lisser, Corbin e Campolongo. Il 24 maggio 1915 l'Italia apriva le operazioni di guerra con un colpo di cannone sparato dal Forte Verena. Si vide subito la posizione strategica che i Sette Comuni dovevano avere durante il grande conflitto. I primi mesi passarono nella paura. Il forte Verena fu presto colpito e reso inutilizzabile. La popolazione era intimidita anche dal comando italiano che accusava di spionaggio chiunque poteva dare sospetti, come il parroco di Cesuna, il cappellano di Canove e di Camporovere e il vecchio parroco di Roana, che furono incriminati e imprigionati.
L'aereo austriaco che sorvolava continuamente sull'Altopiano era denominato Taubel, che nella lingua cimbra voleva dire colomba. Durante il freddo inverno del 1915/1916, l'Austria andò ammassando arsenali di armamenti ai confini settentrionali dei Sette Comuni. E si vide nella primavera come esplose sui nostri monti la spedizione punitiva che voleva sfondare nella pianura veneta e prendere alle spalle il fronte italiano orientale. La mattina del 15 maggio 1916 una bomba lanciata da un potente cannone nella Valsugana vicino al lago di Caldonazzo cadde su Asiago facendo le prime vittime nella popolazione. I paesi in poche ore furono abbandonati dalle famiglie con vecchi e bambini nella confusione e nel terrore. Per più di tre anni gli altopianesi andarono profughi per pianure e città, talvolta accusati di essere spie, tra disagi di ogni genere.
Nonostante la resistenza italiana, l'armata imperiale conquistò il Monte Portule e invase il cuore dell'Altopiano.
Per più di tre anni i monti Cengio, Lemerle, Sisemol, Val Bella segnarono il fronte incandescente di una guerra che vide mobilitarsi una massa enorme di uomini e mezzi. Non valsero i tentativi italiani di riconquistare il monte Rasta, il monte Zebio, il monte Colombara, il monte Campigoletti. Inutile rimase anche lo sforzo sovraumano degli italiani che nella battaglia dell'Ortigara, nel giugno del 1917, tentarono la riconquista del monte Portule, la posizione decisiva dell'Altopiano. La quota 2.105 dell'Ortigara fu conquistata per pochi giorni e tornò alla fine di giugno in mano austriaca, dopo gravissime perdite di vite umane. Nell'autunno del 1917 con la ritirata dell'esercito italiano sul Piave dopo la sconfitta di Caporetto, si fece sentire anche sull'Altopiano la pressione austriaca, particolarmente violenta nella battaglia delle Melette di Gallio e di Foza. La difesa italiana rimaneva salda su cima Eckar.
Nella primavera del 1918 l'armata italiana sull'Altopiano fu rinforzata da truppe inglesi e francesi. Gli ultimi attacchi austriaci sferrati a Valbella e a Cesuna furono bloccati. Con la vittoria sul Monte Grappa e sul Piave, anche l'Altopiano fu liberato. Dopo settant'anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, il ricordo di quegli avvenimenti resta ancora vivo nella memoria della popolazione e nelle ferite del territorio dei Sette Comuni.