di Bruno Maculan (2009)
La ricerca di Bruno Maculan porta nuova luce su Francesco Caldogno, che ha avuto un ruolo storico sulla rilevazione dei confini e nella organizzazione delle difese su un territorio strategico nei rapporti tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Asburgico, tra il Veneto e il Trentino.
Dal fiume Brenta ai Sette Comuni, dalla valle dell’Astico agli altopiani di Tonezza e del Fiorentini, dal passo della Borcola a Campogrosso: è questo l’ampio teatro in cui opera il conte Francesco Caldogno, a tutela delle frontiere della Serenissima, tra il 1575 e io 1608.
Impostosi all’attenzione del doge Marino Grimani con la celebre “Relazione delle Alpi Vicentine e de’ passi e popoli loro”, nella quale denuncia le usurpazioni territoriali dei limitrofi abitanti dell’Impero Asburgico, Francesco Caldogno verrà chiamato a ribattere colpo su colpo ad ogni loro affronto mediante una fitta serie di pericolose spedizioni: razzie di bestiame, incendi di pascoli, sequestri di legname, distruzione di malghe e sentieri, cattura di ostaggi, ripristino di vecchi termini confinari… Saranno tali imprese (minuziosamente ricostruibili grazie ai carteggi dell’epoca) a procurargli la stima delle autorità veneziane e l’invidia di molti suoi pari. Morirà improvvisamente nell’agosto del 1608, all’apice della propria carriera, pochi anni dopo essere stato nominato Provveditore ai confini montani vicentini, nonché Cavaliere della Repubblica.